Lavoro agile, entro il 31 gennaio va approvato il Pola (non obbligatorio). Ecco i template

Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche  redigono, sentite  le organizzazioni sindacali, il Piano  organizzativo  del  lavoro  agile (POLA), quale sezione del documento di cui all’articolo 10, comma  1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Il  POLA individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per  le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa  avvalersene,  garantendo  che  gli stessi non subiscano penalizzazioni ai  fini  del  riconoscimento  di professionalità e  della  progressione  di  carriera,  e  definisce, altresì,  le  misure  organizzative,  i  requisiti  tecnologici,   i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di  verifica  periodica  dei  risultati  conseguiti, anche in termini di miglioramento  dell’efficacia  e  dell’efficienza dell’azione  amministrativa,  della  digitalizzazione  dei  processi, nonchè della qualità dei  servizi  erogati,  anche  coinvolgendo  i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. 
In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica  almeno al 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano
. Il  raggiungimento delle predette percentuali è realizzato  nell’ambito  delle  risorse disponibili   a   legislazione   vigente.   Le  economie erivanti dall’applicazione del POLA restano acquisite al bilancio di  ciascun Comune.
Dalla lettura delle norme si evince che:
a) l’adozione dei POLA non è per nulla obbligatoria. Infatti, la norma contempla chiaramente e senza sanzione alcuna il caso della sua mancata adozione, limitandosi a stabilire che comunque in tal caso il lavoro agile si applica ad almeno il 30% dei dipendenti che lo chiedano;
b) se si adotta il POLA, il 60% dei dipendenti interessati non è “fino a”, quindi un tetto massimo, ma “almeno”, dunque un tetto minimo;
c) la disposizione non consente affatto di disporre in lavoro agile il 60% dei dipendenti pubblici (se così fosse, su 3,2 milioni di dipendenti contando anche quelli a termine, 1,92 milioni andrebbero in smart working), ma precisa che vadano in lavoro agile il 60% almeno dei dipendenti adibiti alle “attività che possano essere svolte in lavoro agile”. Di conseguenza, il numero dei dipendenti pubblici da organizzare in lavoro agile risulterà fortemente ridotto, visto che risulta praticamente impossibile (salvo la deprecata ipotesi di un ennesimo lockdown) disporre in lavoro agile circa 1,1 milioni di docenti, circa 564 mila tra medici e infermieri, circa 60 mila tra personale tecnico del sistema sanitario (quello che realizza e manutiene le sale per le terapie), 306.000 circa dipendenti dei corpi di polizia, circa 177.000  componenti delle forze armate, circa 35.000 vigili del fuoco, circa 60.000 componenti della polizia locale; più il restante personale addetto a cantieri (tecnici), laboratori, attività degli operai, dei necrofori, dei custodi.
Se proprio tutte le amministrazioni adottassero il POLA e si avvicinassero alla soglia minima del 60% dei dipendenti pubblici addetti ad attività compatibili col lavoro agile, sarebbe un risultato già rilevante avvicinarsi ai 350.000 interessati.

Il lavoro agile per sua stessa natura deve necessariamente prevedere la fissazione di obiettivi verificabili, visto che organizza il lavoro non sulla base di un impegno orario definito, bensì in relazione da risultati da ottenere prescindendo da luogo di svolgimento e rigida fissazione di fasce orarie nelle quali svolgere le attività.
IL TEMPLATE ORDINARIO PER IL POLA
TEMPLATE SEMPLIFICATO; MENO DI 50 DIPENDENTI
 
 
 
 

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